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Lotta alla mafia, a Siena la vedova del capo scorta di Falcone: “Mio marito mi ha donato l’orgoglio di camminare a testa alta in Italia”

Lotta alla mafia, a Siena la vedova del capo scorta di Falcone: “Mio marito mi ha donato l’orgoglio di camminare a testa alta in Italia”
  • PubblicatoGennaio 10, 2024

“Mio marito non era un eroe, non era l’angelo di Giovanni Falcone. Era un poliziotto che ha giurato sulla Repubblica e sulla bandiera. Non ha fatto nessun passo indietro e continua a riempirmi la vita. Il suo regalo più grande, a me e ai nostri figli, è l’orgoglio di farmi camminare a testa alta nel mio Paese. La mafia non mi hai tolto il sorriso”.

Tina Montinaro ricorda così il marito Antonio, agente della polizia e capo scorta di Giovanni Falcone ucciso da Cosa Nostra sulla strada di Capaci.

È lei la memoria vivente di quegli anni ed è sempre lei a girare in lungo ed in largo in tutta Italia per raccontare quel periodo buio ai ragazzi delle scuole.

Oggi è giunta a Siena per parlare con gli studenti della Cecco Angiolieri mentre domani parteciperà ad un incontro con gli istituti di Rapolano ed Asciano. Nel pomeriggio invece si è confrontata con la stampa in questura. Pietro Milone, questore di Siena, ne ha sottolineato la “forza straordinaria”, evidenziandone la “capacità di rievocare ciò che per lei è stato un trauma”.

Riflessioni schiette e dirette quelle di Montinaro, che delineano il ricordo vivido del marito e le cicatrici rimaste per il suo sacrificio di trentuno anni fa: “Era un poliziotto che, nel 1986, decise di trasferirsi a Palermo per scortare Giovanni Falcone. Questo è ciò che ha fatto con un grande senso del dovere. Antonio credeva nella giustizia”.

E prosegue: “sulle stragi di mafia del 1992 non è stata fatta chiarezza. A breve si aprirà il Capaci quater. Quando vado negli istituti ripeto sempre che il dolore appartiene prima a me e poi alla polizia. Credo però che la memoria debba appartenere a tutti. Non dobbiamo scordarci il martiro degli uomini in divisa”.

Quanto alla reazione dei ragazzi, continua, “molti di loro si sono commossi ascoltando il mio racconto. Molti avevano già letto “Non ci avete fatto niente”, il cui titolo ha un significato limpido: la mafia di allora alla fine ha perso. Ed ha perso perché la polizia gli ha dato una grande mazzata. Poi inoltre è venuta fuori la coscienza dei palermitani. Siamo stati capaci di riappropriarci dei nostri territori”.

Ma, sulla criminalità organizzata odierna, Montinaro avverte: “Adesso è più difficile accorgersi di chi sono. Sono persone che hanno studiato e che si trovano in posti di potere. Restano però i mafiosi per cui chiedo ai ragazzi di non rimanere indifferenti, di guardarsi attorno, farsi domande ed essere coraggiosi”.

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Redazione