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Siena, è fuga dall’artigianato, in dieci anni perse più di duemila attività

Siena, è fuga dall’artigianato, in dieci anni perse più di duemila attività
  • PubblicatoAgosto 28, 2023

Da 10326 a 8205 in dieci anni: nella provincia di Siena è fuga dal mondo dell’artigianato. Questo stando almeno ai dati della Cgia di Mestre pubblicati in un report lo scorso fine settimana.

Il territorio dal 2012 al 2022 ha perso più di 2mila botteghe con una percentuale del -20%.

“Non solo i giovani sono sempre meno interessati a lavorare in questo settore, ma anche chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l’età anagrafica e/o maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partite Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente che, rispetto ad un artigiano, ha sicuramente meno preoccupazioni e più sicurezze”, è il commento della Cgia contenuto nel documento.

La riduzione degli imprenditori artigiani, spiega l’associazione, condiziona lo stesso paesaggio dei nostri territori: “Sono ormai ridotte al lumicino le botteghe artigiane che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri”.

Secondo la Cgia ci sono comunque settori  che stanno vivendo una fase d’espansione, in particolare quelli del benessere e dell’informatica: acconciatori, tatuatori, estetisti, addetti al web marketing, social media manager, video maker.

“Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato, come dicevamo più sopra, che la platea degli artigiani è in costante diminuzione”, si legge ancora nel documento.

“Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale spaventosa del lavoro manuale. L’artigianato è stato “dipinto” come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese”, prosegue il report.

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