Nuova vita per la ‘Tebaide’: il meraviglioso ciclo di affreschi rinasce grazie ad un giovane mecenate
A venti anni dalla scoperta, e dopo vari tentativi per ottenere i fondi propedeutici al recupero, il capolavoro dell’arte senese del Trecento, il ciclo della Tebaide, torna a nuova vita grazie a un progetto di restauro degli affreschi e della scala sette-ottocentesca, che congiunge l’area della Corticella del Santa Maria della Scala alla compagnia dei Disciplinati (sede della società Esecutori di Pie Disposizioni, ndr.) al piano sottostante e attraversa un ambiente completamente affrescato, appunto, con il ciclo della Tebaide.
Il restauro della meravigliosa opera e della scala è stato svelato oggi alla stampa ed ha avuto inizio poco più di un anno fa. Il progetto per le operazioni è stato presentato alla Soprintendenza , è già iniziato e dovrebbe concludersi entro un anno, nella primavera del 2024.
Il restauro è stato affidato a Massimo Gavazzi con la collaborazione di Luca Bellaccini. La direzione dei lavori è andata ad Alessandro Bagnoli mentre la direzione artistica alla storica dell’arte è di Laura Martini. Significativo inoltre il generoso sostegno finanziario di Robert Cope, presidente della Fondazione Vaseppi, mecenate inglese appassionato dell’arte italiana.
Per la scala il restyling prevede un nuovo parapetto in vetro e acciaio.
“Per coadiuvare l’attività di ricerca e restauro è stata costituita una commissione scientifica della quale fanno parte tre docenti del dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali dell’Università degli studi di Siena (Alessandro Bagnoli, Fabio Gabbrielli, Michele Pellegrini) -si legge in una nota -. Con le recenti scoperte e il restauro di questo capolavoro dell’arte senese si avvia una nuova fase di studi che verosimilmente condurrà a far luce sul programma iconografico, sulla funzione originaria del vano affrescato e sulla sua committenza, aggiungendo nuovi capitoli alla ricchissima e complessa storia del Santa Maria della Scala e delle istituzioni che in essa ancora convivono”.
Le indagini
Il progetto della Tebaide ha visto nel 2021-2022 “una fase propedeutica di indagine archeologica curata dall’archeologo Alberto Agresti con la rimozione dei numerosi detriti dietro il parapetto della scala attuale probabilmente depositati al tempo della sua costruzione dopo la seconda metà del Settecento, con esiti molto rilevanti – si legge ancora nel testo. Sono emersi: resti della prima rampa della scala trecentesca contemporanea agli affreschi, costituita da 13 gradini in laterizio, che saliva addossata alla parete est fino a un pianerottolo da cui partiva la nuova rampa in direzione ovest; negli studi recenti sono già state rilevate le tracce di questa scala nel piccolo vano del sottoscala con dipinti alle pareti coevi al ciclo pittorico trecentesco; ritrovamento di nuovi dipinti murali sulla parete nord e sulla volticina (monaco orante del ciclo della Tebaide e figura con aureola, cielo stellato) e sulla parete est, su cui erano addossati i detriti, una sorta di finta balaustra graffita e dipinta a specchi marmorei che segue l’andamento della scala antica, la sagoma di un grande arco tamponato, comparso sotto le pitture trecentesche della stessa parete est, forse corrispondente all’accesso primitivo duecentesco dell’oratorio dei Disciplinati. Queste nuovi elementi architettonici e pittorici aprono nuove prospettive e potranno contribuire a chiarire la conformazione originaria della sala della Tebaide e la sua destinazione primitiva, al momento ritenuta “una sorta di anticappella o comunque un andito di accesso a locali più interni” della antica compagnia dei Disciplinati”.
La scoperta del ciclo
Tra il 1999 e il 2000 durante i lavori di ristrutturazione funzionale e di restauro dello Spedale “per destinarlo a centro museale su progetto dell’architetto Guido Canali sono stati rinvenuti casualmente sulle pareti e sulla volta di questo ambiente eccezionali affreschi a monocromo, a prevalente terra rossa e gialla, distribuiti su tre registri con storie di vita dei primi Padri della Chiesa, un tema celebrativo del mondo eremitico di consolidata tradizione figurativa medievale in virtù della diffusione dei testi di Jacopo da Varazze e della volgarizzazione della vita dei Padri del deserto di fra’ Domenico Cavalca – si leggono – . Il precedente più celebre è la Tebaide dipinta nel Camposanto di Pisa da Buonamico Buffalmacco intorno al 1336”.
Il ciclo
“La vita degli eremiti dedicata alla preghiera, alla penitenza, al lavoro nei campi e alle opere di misericordia costituiva un esempio di spiritualità da seguire-spiega un comunicato-. Nel ciclo senese sono rappresentate le attività lavorative nei campi, dall’aratura alla mietitura, dalla cura dell’orto con la vangatura, la zappatura e la messa a dimora delle piantine poi i momenti di preghiera e di meditazione, il rapporto pacifico con gli animali e la natura, le opere di carità come il seppellimento dei morti, assistenza agli ammalati perfino le tentazioni fino agli episodi dedicati a importanti santi eremiti come San Paolo, Sant’Antonio abate, San Girolamo e la penitente Santa Maria egiziaca. Questi ultimi affreschi, collocati nella volta e nelle pareti del vano al di là della scalinata, riscoperti rimuovendo il controsoffitto e vari strati di scialbature a calce, sono i dipinti più degradati e frammentari . I murali sopra la scala presentano invece un buono stato di conservazione perché non sono mai stati imbiancati ma nascosti nell’ intercapedine sopra la volta a botte della scalinata, che è stata parzialmente rimossa. Si apprezza così la qualità straordinaria dei dipinti con storie di anacoreti realizzate con sapiente gusto narrativo e una efficace caratterizzazione dei volti dei personaggi e con la resa plastica vigorosa dei corpi ammantati degli anacoreti”.
Il paesaggio, si legge ancora, “non è brullo ma abitato da alberi a larga chioma con fronde luminose e da grotte, cappelle e chiese allungate in una prospettiva empirica ma con una attenzione speciale ai particolari costitutivi. Sono esemplificative in tal senso alcune scene : i due eremiti che incontrano i giovani cacciatori beffardi e gaudenti; i due monaci che cercano di convincere l’anacoreta barbuto dubbioso della reale presenza di Cristo nell’Eucarestia che nell’atteggiamento di raccoglimento e di preghiera indica che ha compreso la verità di fede; altri due monaci che soccorrono un eremita morente all’ingresso di una grotta poi scoprono che si tratta di una donna travestita da monaco; il barcaiolo con i capelli al vento che trasporta un vecchio monaco barbuto e accigliato
Il ciclo della Tebaide conservato in uno degli ambienti di pertinenza della Società di Esecutori di Pie Disposizioni rappresenta una delle più importanti scoperte dell’ultimo ventennio dello straordinario patrimonio artistico senese custodito nel grande complesso monumentale dell’antico Spedale. Nel primo studio su questo ciclo figurativo lo storico dell’arte Alessandro Bagnoli ritenne prudentemente di presentare i dipinti come opere di un anonimo ‘Maestro della Tebaide’, pittore che aveva fatto tesoro dell’insegnamento di Ambrogio e Pietro Lorenzetti e poteva corrispondere all’attività del giovane Lippo Vanni o a quella di Niccolò di ser Sozzo e pure a quella del cosiddetto Secondo Maestro di Sant’Eugenio. Successivamente lo stesso studioso ha attribuito i dipinti murali a Lippo Vanni, pittore che è noto a partire dal 1341 come miniatore per lo Spedale e per i libri di coro dell’Opera del Duomo e della collegiata di San Gimignano. La Tebaide si può datare ai primi anni quaranta del Trecento, in particolare tra il 1341 e il 1345, prima della grande peste del 1348, per l’abbigliamento dei due giovani ricchi e baldanzosi che testimonia il mutamento della moda avvenuto proprio in quegli anni” .