Fulmini e sacro, prime luci sui misteri dei tesori di San Casciano dei Bagni nel volume di Sillabe
Un santuario immerso nella campagna toscana, fuori da tutte le grandi vie di comunicazione, eppure frequentato senza soluzione di continuità dall’epoca degli etruschi a quella dei romani.
Con il segreto di una fonte di acqua calda e curativa che per gli antichi era diventata essa stessa una divinità alla quale offrire doni in prezioso metallo per chiedere il bene da tutti più ambito, quello della salute. E se la sorgente, protetta dai travertini e dalle colonne di una monumentale piscina, era inaccessibile ai più, a poca distanza si aprivano forse le vasche di un grande complesso termale pubblico e persino le aule di una scuola di medicina.
A pochi mesi dall’ultima campagna di scavo, con il ritrovamento clamoroso di 24 tra statue e grandi votivi di bronzo, migliaia di monete, il Bagno Grande di San Casciano comincia a svelare alcuni dei suoi affascinanti misteri. Raccolti a tempo di record in un voluminoso e denso volume in uscita proprio oggi per Sillabe editore (Il Santuario Ritrovato 2, Dentro La Vasca Sacra, pp. 440, euro 45) gli studi e le ipotesi dei luminari di ogni settore coinvolti da Jacopo Tabolli, Emanuele Mariotti e Ada Savi – i tre giovani archeologi autori della scoperta – offrono un viaggio sul bordo di quelle vasche sacre lontane duemila anni che finisce per avviluppare anche il lettore meno esperto in un vortice di storie, di emozioni e di suggestioni dalle quali è difficile liberarsi.
Si tratta di “ipotesi preliminari”, premettono tutti, da Giacomo Pardini che si è occupato delle monete ad Adriano Maggiani cui è spettato il compito di decifrare le iscrizioni etrusche, da Gian Luca Gregori, che ha affrontato le iscrizioni latine a Barbara Arbeid che si interroga invece sulla quasi assenza degli animali. Solo prime considerazioni, ripetono nei loro contributi gli stessi Tabolli, Mariotti e Savi e i tanti altri che è impossibile citare.
Ed è chiaro che la prudenza è davvero necessaria visto che, a dispetto dei risultati sorprendenti arrivati con le ultime campagne, lo scavo del Bagno Grande impegnerà gli archeologi ancora per molti anni, chissà con quante altre sorprese. Eppure una volta di più il Santuario ritrovato del Bagno Grande stupisce, stravolge, stordisce quasi come il calore ribollente di quell’acqua che ancora oggi sgorga dalla terra con una potenza spaventosa.
Dalla decifrazione delle iscrizioni incise sui bronzi (cinque in etrusco e quattro in latino) viene fuori la sacralità della fonte antica che per gli etruschi è “Flere di Havens” e per i latini più semplicemente “Fons”. Dalle storie dei donatori di ogni epoca, siano giovani mamme o grandi personalità, lo schiavo contabile di una influente matrona romana o il discendente di una illustre famiglia etrusca in terra umbra, è chiaro comunque che qui la vera protagonista, secolo dopo secolo, a dispetto di lingue, provenienze geografiche, culture e anche religioni diverse, è sempre stata l’acqua, capace di salvare la vita un bimbo come di guarire un giovane uomo dal rachitismo. E non solo: tra medicina e divinazione, si ricostruisce forse l’evento che nel primo trentennio del I secolo d.C. portò i romani a seppellire le statue dentro l’acqua calda della fonte: secondo gli studiosi sarebbe stato un fulmine caduto proprio vicino alla sorgente che i sacerdoti interpretarono come un segno degli dei.
E ancora, il ritrovamento di uno strumento chirurgico vicino a due raffinate rappresentazioni su bronzo degli organi interni umani, precise quasi come una nostra Tac, apre la strada all’ipotesi che accanto al santuario ci fosse una struttura dedicata alle cure, se non addirittura una vera e propria scuola di medicina. Così come le indagini geofisiche hanno indicato, intorno alle vasche oggetto dello scavo, tracce di strade, canali di scolo e altre strutture che lasciano immaginare la presenza di un vero e proprio complesso termale pubblico. Quanto alle monete, anche qui il tema si fa intrigante perché le analisi hanno dimostrato che erano in larga parte di fresco conio, appena uscite dalla zecca, offerte alla fonte in epoca romana da chi davvero si poteva permettere una donazione così generosa, notabili, senatori, forse addirittura imperatori. Frutto di un’avventura partita tre anni fa, fortissimamente voluto dalla comunità locale, che se ne è assunta tutti i costi, il favoloso ritrovamento del Bagno Grande si prepara ora a un bagno di folla nelle sale del Quirinale, dove le meraviglie restituite dal fango e dall’acqua saranno in mostra dal 22 giugno al 22 ottobre.
Il ministro della Cultura Sangiuliano firmerà a giorni l’atto di acquisto del palazzo nel centro di San Casciano che ospiterà il museo. E intanto domani sera il libro verrà presentato in anteprima dai tre curatori ai cittadini del borgo, da sempre, complice la giovane sindaca Agnese Carletti, coinvolti e partecipi. Tabolli, che venerdì sarà poi a Roma, alla Sapienza, ne è fiero: “L’intero progetto si è concentrato sull’archeologia civica”, spiega, “l’idea è quella di trovare un equilibrio tra la narrazione dell’archeologia, anche a livello locale, e pubblicazioni scientifiche”. Un equilibrio che questo volume, denso di scienza ma anche di immagini e di narrazioni, sembra proprio avere trovato.