Medici italiani senza un’idea delle esigenze spirituali del paziente: dibattito a Siena sul nuovo tema che interessa i luoghi di cura
“La dimensione spirituale come fattore comune di tutte le religioni”: partendo da questo principio Francesca Appolloni, assessore alla sanità del Comune di Siena, ha aperto l’incontro “Il paziente multiculturale e la sua spiritualità”, organizzato a Palazzo Patrizi nell’ambito del Festival della Salute che si svolge a Siena fino al 27 novembre.
“La classe medica italiana non ha idea delle esigenze di un paziente che ha convinzioni religiose diverse dalle loro – ha sottolineato nella sua introduzione Giovanni Boniolo, professore di Filosofia della Scienza e Medical Humanities dell’Università di Ferrara – i medici ignorano i bisogni spirituali dei vari pazienti. E si tratta di un problema che i medici incontrano quotidianamente”.
“L’assistenza spirituale nei luoghi di cura, rappresenta l’espressione della libertà di coscienza, della libertà di religione, e dalla regione” ha specificato Enrica Martinelli, Professore di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico dell’ Università di Ferrara: “I luoghi di cura devono recuperare una loro umanizzazione, dove è basilare il rispetto delle differenze confessionali”.
Il tema del “Il paziente secolare” è stato affrontato da Maurizio Mori, filosofo morale e bioeticista, Direttore di Bioetica, Presidente della Consulta di Bioetica Onlus, associazione di volontariato culturale per la promozione della bioetica laica, responsabile della sezione Bioetica del Centro Studi Politeia di Milano e componente del Comitato Nazionale per la Bioetica. “Il paziente secolarizzato non ha un aldilà come camera di compensazione delle storture dell’aldiqua, ma ha comunque una sua dimensione spirituale, si affida a norme di competenze razionali, che non dipendono da precetti religiosi di qualche migliaio di anni fa”. Una visione che – secondo Maurizio Mori – si esplica soprattutto nel concetto di fine vita: “Non ci sono situazioni in cui la vita è sempre buona, il paziente non va messo in “situazioni infernali” che sono un crimine nei confronti dell’essere umano”.
“La spiritualità non è un fattore occasionale, ma è una componente essenziale nel rapporto con il paziente” secondo Leopoldo Sandonà, docente ISSR di Vicenza, Facoltà Teologica del Triveneto, che ha trattato il tema “Il paziente cristiano cattolico”, con particolare riferimento alla questione etica che accompagna ciò che rientra nell’ambito del cosiddetto fine vita.
“Il protestante non ha oggetti sacri, per cui spesso può trovarsi a disagio da certe situazioni che trova nei luoghi di cura” ha poi spiegato Ilenya Goss, medico e teologo, docente di Storia della Medicina ed Etica dell’Università di Torino. “Il paziente protestante ha soprattutto bisogno che sia rispettata la sua ‘autonomia’ spirituale, perché è abituato a vivere così la sua interiorità”.